Il Servizio Idrico Integrato (S.I.I.) rappresenta uno dei pilastri fondamentali dei servizi pubblici in Italia, essenziale per garantire la gestione sostenibile di una risorsa preziosa come l’acqua. La sua organizzazione territoriale, definita da un quadro normativo in continua evoluzione, mira a superare la frammentazione delle gestioni per assicurare efficienza e tutela della risorsa. In questo articolo analizziamo la struttura organizzativa del S.I.I., le normative che lo regolamentano e le particolari eccezioni previste per le cosiddette “gestioni salvaguardate” – casi specifici in cui è possibile derogare al principio di unicità della gestione.
Cosa comprende il Servizio Idrico Integrato?
Il Servizio Idrico Integrato (S.I.I.) comprende l’insieme dei servizi pubblici di:
- Captazione, adduzione e distribuzione di acqua per uso civile
- Fognatura
- Depurazione delle acque reflue
- Servizi di captazione e adduzione a usi multipli
- Servizi di depurazione ad usi misti civili e industriali
Questi servizi devono essere gestiti secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle normative nazionali ed europee.
Chi sono gli attori principali?
Nel sistema del Servizio Idrico Integrato operano tre attori fondamentali:
- I Gestori del Servizio: le aziende che effettivamente erogano il servizio agli utenti
- Gli Enti di Governo d’Ambito (EGA): organismi che organizzano e controllano il servizio a livello locale
- L’ARERA (Autorità di Regolazione): l’autorità nazionale che definisce le regole del settore
Come è organizzato territorialmente il servizio?
Secondo l’articolo 147 del Codice dell’Ambiente, i servizi idrici sono organizzati sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), definiti dalle Regioni in attuazione della legge 36/1994 (Legge Galli).
Gli Enti locali che si trovano all’interno dello stesso ambito ottimale devono obbligatoriamente partecipare all’Ente di Governo d’Ambito individuato dalla Regione per quel territorio.
Le Regioni possono modificare i confini degli ambiti territoriali per migliorare la gestione del servizio, a condizione che vengano mantenuti i criteri di efficienza, efficacia ed economicità.
Il principio dell’unicità della gestione
Il legislatore ha introdotto il principio dell’unicità della gestione per superare la frammentazione del servizio idrico. Questo principio ha due obiettivi principali:
- Ricondurre a un unico centro di responsabilità la garanzia di accesso alla risorsa idrica
- Garantire la tutela della risorsa stessa
Affidare la gestione a un unico soggetto dovrebbe assicurare:
- Un servizio più efficiente ed economico
- Una conduzione sostenibile della risorsa
- La capacità di realizzare gli investimenti necessari per l’innovazione e l’ottimizzazione
Le forme di gestione previste
Le forme di gestione del Servizio Idrico Integrato che possono essere adottate sono:
- Affidamento a un soggetto privato mediante gara pubblica
- Affidamento a una società mista pubblico-privata (con selezione del socio privato tramite gara)
- Affidamento a un soggetto interamente pubblico (in-house)
È esclusa la gestione diretta o in economia del servizio da parte dei Comuni.
Le eccezioni: le gestioni salvaguardate
La normativa prevede alcune eccezioni al principio di unicità della gestione, stabilite dall’articolo 147, comma 2-bis del Codice dell’Ambiente:
1. Piccoli comuni montani
Possono mantenere una gestione autonoma i comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, a condizione che la gestione sia già istituita.
2. Comuni con approvvigionamento idrico di qualità
Possono mantenere la gestione autonoma i comuni che presentano contemporaneamente:
- Approvvigionamento da fonti qualitativamente pregiate
- Sorgenti in parchi naturali, aree protette o siti di interesse paesaggistico
- Capacità di garantire l’utilizzo efficiente della risorsa e la tutela del corpo idrico
Chiarimenti sui requisiti per le gestioni autonome
Il Ministero dell’Ambiente (MATTM) ha specificato che:
- Per fonti qualitativamente pregiate si intendono quelle che richiedono trattamenti di potabilizzazione minimi o nulli
- L’efficienza va valutata in base alla capacità di garantire l’uso razionale della risorsa e ottimizzare le risorse interne
- La tutela del corpo idrico significa prelevare la risorsa in modo da non compromettere lo stato qualitativo e quantitativo della risorsa stessa
Recenti sviluppi giurisprudenziali
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1113/2024, ha chiarito che:
- Sono considerate “gestioni esistenti” solo quelle legittime, riconosciute da atti regolatori ufficiali
- Non sono riconosciute le gestioni “di fatto” senza un quadro normativo definito
- Per la salvaguardia prevista dalla lettera a) del comma 2-bis è richiesto il consenso dell’Ente di Governo d’Ambito
- Il requisito dell'”esistenza” della gestione (lettera b) implica una conduzione del servizio “di diritto” e non semplicemente “di fatto”
Prospettive future
È allo studio un progetto di revisione della norma che potrebbe:
- Ampliare il numero di piccoli comuni montani che possono gestire autonomamente il servizio
- Modificare i requisiti necessari per la salvaguardia delle gestioni autonome
- Sostituire il generico requisito di “utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico” con l’impegno a conseguire entro il 31 dicembre 2025 specifici prerequisiti di qualità tecnica stabiliti dall’ARERA
Fonti: Articolo 147 del Codice dell’Ambiente; Parere MATTM n. 7069 del 18 aprile 2016; Consiglio di Stato, sentenza n. 1113/2024



